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templating_ambientale

templating_ambientale

 

Una definizione che, personalmente, non ho trovato in giro, ma che non fa altro che mescolare due concetti che sono ampiamente declinati nella realtà di tutti i giorni per proporre una modellizzazione della realtà a supporto di eventi culturali.

Mi spiego: nella Computer Science un template è un documento o un file con un formato predefinito, usato come punto di partenza per una particolare applicazione in modo che il formato non debba essere ricreato ogni volta che viene utilizzato. Un sito web ha un template dato che vi restituisce l’esperienza di utilizzo, più o meno gradevole e più o meno funzionale. In sostanza quelle che oggi la semantica della comunicazione digitale insiste a chiamare User Interface (UI) e User Experience (UX).
A questo punto il passaggio successivo è quello di modellizzare un template che possa garantire la stessa UI e la stessa UX in un contesto reale, ambientale, come quello che può essere rappresentato da un evento culturale.

Mi si potrà obbiettare che tutto questo non è altro che arredamento urbano, o di interni, e che in nessuna maniera la definizione templating ambientale è innovativa o anche solo utile. Ha senso ridefinire il già esistente attraverso parole nuove o è solo un accademico quanto inutile esercizio di stile? Entrambe le cose, a mio avviso. Gli esercizi di stile, anche quando leggeri, possono comunque essere frutto di un brainstorming utile a scoprire altro dalla spinta iniziale che li aveva stimolati. Inoltre non credo che la l’idea di interior design per eventi e la sua integrazione con il branding del committente che li mette in atto possa essere esaustivo in una chiave di vera e propria esperienza fruttuosa di utilizzo da parte del pubblico.
Un pubblico che oggi, più scafato di quello che poteva essere ieri, sa muoversi in un contesto festivaliero e richiede un’immersività maggiore.
Quindi non basta più – là dove viene messa in pratica, comunque molto poco – una brand image forte per l’evento in sè. Non è più sufficiente lasciare gadget e brochure, una manciata di loghi qua e là, perchè un festiva sia riconoscibile immediatamente. E soprattutto l’idea di templating ambientale va oltre all’idea che si tratti di semplice riconoscibilità da parte dell’utente: l’utente deve essere messo in grado di muoversi nello spazio, attraverso lo spazio, nella maniera più consapevole possibile, più facile possibile, rendendo il meno necessario possibile il ricorso a strumenti cartacei di difficile lettura – mappa, cartine – e costosi. Quindi non ci possiamo limitare alla sola segnaletica orizzontale e verticale, che spesso tra l’altro è manchevole, approssimativa e poco gradevole perchè tecnica e limitata da un look and feel spartano a dir poco.

Se mi trovo nell’area gastronomica, ho bisogno di capirlo dal colore dato, dalla forma data, che si declina sulla brochure che tengo tra le mani, sulla App che mi localizza in quel punto nella cui UI mi immergo perchè guidato dai colori, dalla forma, dall’aspetto, dalla sensazione che mi offre. Se devo spostarmi nell’area informazioni, devo avere un apparato iconografico che mi faciliti il compito, perchè sia un piacere e non una missione. Perchè l’iconografia ha salvato il web e il design, e non deve essere usata per salvare eventi culturali troppo caotici che segnano il passo brevissimo tra essere percepiti di successo o scarsi semplicemente dal fatto che un utente li trovi scomodi? Un evento deve essere sdraiato sullo spazio che lo ospita con le stesse logiche che useremmo se stessimo stendendo una grafica su una struttura informatica per costruire un sito web. Le cose da vedere per prime sono queste, le cose in evidenza queste, i colori mi aiutano a capire dove sono, o briciole di pane che mi guidano sui miei passi e indietro a casa, dalla homepage della nostra visita ai contatti per fare i complimenti all’organizzazione, passando dal portfolio per le eccellenze e giù fino ai social network per condividere l’esperienza e massimizzare il piacere.

Serve una costruzione che sia cromatica e strutturale, ambientale in senso più ampio, e studiata da un mix di competenze che possa restituire al pubblico un’esperienza completa. Perchè tutto si riduce sempre al punto focale di una comunicazione che aspiri ad essere veicolo di contemporaneità vera: andando oltre a McLuhan, non solo medium e messaggio coincidono, ma devono coincidere anche con il ricevente che non è più soggetto terzo che aspetta qualcosa che gli venga dato, ma è il fulcro della comunicazione, sia come produttore che come recettore. E in quanto fulcro è costantemente immerso in una realtà comunicativa ed estetica che deve essere per lui esperienza memorabile – letteralmente –  da tenere nel cassetto dei ricordi della sua mente e del suo smartphone, dal quale sparerà alla rete la potenza evocativa dello spettacolo, della prova maiuscola di entertainment che sta vivendo.

Solo allora l’evento sarà approcciato, vissuto, ricordato e condiviso nel modo più funzionale possibile.
E solo allora avremmo superato la dicotomia insanabile tra chi fa comunicazione e committente, di fronte alla domanda esistenziale che martella tutti: ho speso bene i miei soldi?

 

meis

Una delle 4 parti della video installazione pensata per il percorso museale della mostra “Testa e cuore”, allestita a Ferrara proponendo una selezione tratta dalla raccolta che Gianfranco Moscati ha regalato al MEIS – Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah.

Il Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS) è stato istituito a Ferrara in base alla legge 17 aprile 2003 n.91 (modificata dalla legge 296 del 27 dicembre 2006). La decisione riconosce e valorizza la eccezionale continuità della più che bimillenaria presenza ebraica nella Penisola. Gli ebrei rappresentano un riferimento indispensabile per comprendere la storia e la civiltà italiane. Straordinario è stato l’apporto culturale arrecato dagli ebrei italiani tanto all’ebraismo nel suo insieme, quanto alla civiltà del nostro Paese. Nel corso dei secoli essi hanno contribuito a instaurare numerosi rapporti tra l’Italia, l’Europa e le altre sponde del Mediterraneo. Alla minoranza ebraica va perciò ascritta una preziosa funzione di collegamento tra culture e civiltà. Infine, vanno presi in considerazione i modi in cui, dall’esterno, si è guardato agli ebrei. In questo campo ci furono e ci sono scambi fecondi; tuttavia è anche attestata la presenza di un’ostilità di lunga durata sfociata negli avvenimenti estremi posti al centro del Novecento.