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ferrara

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Pasticcio è una parola strana: per definirla buttiamoci sul vocabolario Treccani:
Tra i sensi figurati troviamo questo:

Faccenda o situazione intricata, confusa, poco chiara: ci troviamo in un bel p.; come si fa a risolvere questo p.?; fare, combinare pasticci, complicare le cose, creare situazioni difficili; trovarsi, mettersi, cacciarsi nei p., nei guai.

Ma il pasticcio alla ferrarese è cosa sopraffina. Combina molti gusti diversi, difficilmente conciliabili, in un piatto unico, tosto, prezioso.

Da qualche mese stiamo guardando gli ingredienti a disposizione.
Si chiami rigenerazione culturale (di cui abbiamo parlato qui, o smartcity, o pasticcio alla ferrarese, l’obiettivo secondo me è chiaro, almeno in linea di principio: trovare una via peculiare, ferrarese, nostra verso lo sviluppo economico.

Perché di Ferrara si può morire, ma forse anche rinascere. Ricordo piazzetta Sant’Anna e le parole del post-terremoto. “Qui non ce la facciamo” era l’espressione prevalente.

Eppure abbiamo lasciato il sisma alle spalle, e tante cose sono successe.

Da Spazio Grisù per una via nostrana all’incubazione delle imprese, a Cultura della Città e la Riapertura del Verdi il segnale mi sembra chiaro: c’è la voglia di fare.

Da parte nostra siamo in squadra con UXA, Canapè, Studio Sigfrida, FerraraFiere per Meme.
Abbiamo trovato ottimi ingredienti, incontri interessanti, persone di grande qualità. Stiamo cercando di mettere insieme pasta frolla e i macinati, la besciamella e i sapori.

Ma ci mancano alcune cose: la nostra esperienza ci parla di una città piuttosto prudente, che ha bisogno di uno scatto d’orgoglio.
Inutile nasconderci: la banca territoriale ha fatto crac, in un modo o nell’altro. Servono capitali. Servono idee. Serve esecuzione. E’ necessario che si cominci a pensare che la cultura deve essere motore economico, volano per la crescita. Se così non è, ad occuparsi di cultura potranno essere solo i più abbienti, per censo, tra l’altro: la forma meno meritocratica di ricchezza.

In questi mesi di incontri e idee ho notato che la nostra città è ancora addormentata per certi versi (mentre è molto sveglia per altri). Si parla poco di nuove modalità di impresa, di finanziatori non bancari (venture capital e business angel), a volte ci si parla poco e basta. Bisogna parlarsi di più. Capire dove stanno le eccellenze, mettere da parte i personalismi e correre, forte.
Certo, Ferrara non sarà mai la Silicon Valley, troppa nebbia. Possiamo però attrezzarci per il nuovo modello di governance del territorio che si sta affacciando sull’Europa: governone centrale da Bruxelles e centri decisionali nei Comuni e Province.

Parole chiave, che mi riservo di approfondire: ecosistema e rainforest. Senza scimmiottare modelli altrui, dobbiamo trovare il nostro pasticcio. 500 anni fa ne eravamo capaci.
Come Kuva qualche idea da mettere in campo ce l’abbiamo, e pure un po’ di voglia (che significa tempo). Probabilmente non il tartufo, che quello lo dobbiamo cercare insieme.

Il tartufo nel pasticcio, per come la vedo io, è la capacità di attirare persone e capitali, trovare la nostra dimensione verso il 2020, dimostrarci capaci di essere al centro di nuove strade. Non dobbiamo impedire ai nostri migliori cervelli di andare via: dobbiamo fargli venire la voglia di tornare (la mia personale ossessione nel voler rappresentare il mondo del computing come nuova frontiera culturale mi fa pensare alle startup digitali come Kunerango, nata nella nostra Università e oggi incubata ad H-Farm.

Oggi vogliamo far partire la sfida: trovare gli ingredienti che mancano, metterli insieme, cucinarli a dovere.
E fermare l’emorragia, che qui, tra nebbia e stagnazione, si resta pallidi. E a me, il pasticcio, piace dorato.

Ps. Si intenda che la rapida carrellata di soggetti e amici è stata fatta nella rapidità di un lunedì: non si offenda nessuno. Sono certo che non accadrà, siamo persone cortesi qui a Ferrara.